Le "rune" sono segni di scrittura nell'alfabeto dei popoli nordici e gli elfi i piccoli geni dell'aria nella mitologia nordica. Come Elfa desidero comunicare parole di saggezza, pace e solidarietà fra i popoli, aiutare le persone a ritrovare se stesse, ad avere più autostima e a vivere meglio la loro vita. Occorre iniziare e terminare la giornata con un sorriso. Amare sempre appassionatamente l'esistenza e le persone che incontri sul tuo cammino.

domenica, dicembre 25, 2005

Tornare bambini

Il Natale è una festa che ho sempre amato fin da quando ero piccola e ricordo ancora la gioia con cui scrivevo le letterine a Gesù bambino promettendogli di essere buona e aspettando il suo arrivo nella notte più bella dell’anno …un bambino che nasce al freddo in una grotta con gli angeli che cantano “gloria in cielo e Pace in terra”. Ora i bambini sembrano aspettare solo Babbo Natale con i suoi regali e la poesia del presepe sembra svanire, fortunatamente non per tutti è così perché sarebbe veramente triste.
Da diversi anni amo trascorrere la veglia di Natale a San Lorenzo, nell’austera Basilica fondata a Firenze dai Medici, è una notte magica e il rito è molto bello con il Bambinello e il Vangelo che passano di mano in mano prima della celebrazione della S. Messa. Alla fine della liturgia tutti scendono nella Sala Donatello, sotto la basilica, per vedere la mostra dei presepi fatti dai bambini delle scuole, dalle materne alle medie. La semplicità è la parola d’ordine, molti sono costruiti con materiale di riciclo, flaconi del detersivo, bottiglie dell’acqua minerale, carta, gusci d’uovo, pasta… Uno carinissimo aveva i personaggi fatti con le mollette da bucato appese a dei fili, che fantasia!
Amo guardare quei presepi semplicissimi esposti a fianco a dei presepi meravigliosi costruiti da mani adulte, alcuni super meccanizzati con giochi di luce incredibili e la mia preferenza va a loro, a quelli nati dalle mani dei più piccoli, che hanno un sapore di spontaneità. Carolina e Giovanna, due delle bimbette che seguo al catechismo sono scese con me a vedere i presepi, non hanno sonno e sono eccitate all’idea che ad aspettarle c’è la cioccolata calda servita con pandoro e panettone, perché la tradizione a San Lorenzo è anche questa: vedere i presepi gustando la cioccolata e scaldandosi per affrontare poi di nuovo il freddo della notte.
Quando arrivo a casa sono quasi le due, ma sono felice e metto il mio Bambinello al suo posto nel cestino di paglia, poi si scartano i regali anche se per me ogni Natale il regalo più bello è sempre l’arrivo di quel Bambinello che viene a portare luce e speranza, Pace a tutti.
Cari amici che mi leggete, tanti auguri di Buon Natale e Pace a tutti voi, cercate sempre di restare un po’ bambini, è il modo migliore per vivere questa festa. Condividete la vostra gioia con chi amate, in questo giorno dite alle persone care quanto le amate e non solo con un regalo, è più importante farlo capire con un abbraccio, un bacio, un sorriso, una carezza sui capelli, proprio come si fa con i bambini…

martedì, dicembre 20, 2005

Passi di pace

Una settimana fa, la sera del 13 dicembre ho vissuto un’esperienza bellissima. Era la notte di Santa Lucia e la tradizione dei paesi nordici lega il nome di questa santa alle cerimonie legate alla luce, in una delle giornate meno luminose dell’anno. Ricordo ancora i detti popolari che ho appreso quando ero bambina: “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”, oppure “Santa Lucia la notte più lunga che ci sia”, anche se in realtà nel calendario ancora non si è giunti al solstizio d’inverno.
Gli amici dell’associazione “Un Tempio per la Pace” hanno dato inizio, con una marcia silenziosa di piccoli passi di pace per le strade di Firenze, al ciclo di incontri di spiritualità, meditazione e preghiera interreligiosa “Insieme per la Pace”. Ci siamo ritrovati in una Piazza Santa Croce battuta da un vento gelido, che non ha scoraggiato nessuno di noi, ad accendere le candele che per fortuna avevano il bicchiere di carta, altrimenti era proprio impossibile tenerle accese, poi un piccolo corteo di un centinaio di persone, in silenzio, si è avviato con le candele tremolanti, seguendo la bandiera della pace.
Abbiamo camminato in pace, a piccoli passi, come suggerisce la meditazione camminata del monaco buddista vietnamita Thich Nhat Hanh, che cerco di praticare anche quando mi reco all’eremo di Vincigliata attraversando il bosco, perché mi dona una grande armonia. Scrive Thich Nhat Hanh: “Meditazione camminata significa praticare la meditazione mentre cammino, è una pratica che dà gioia e pace e fa riscoprire il piacere di camminare. Faccio passi brevi, procedo lentamente, in totale rilassamento, con il cuore aperto all’esperienza della pace. La meta è in ogni passo e cammino in modo tale da lasciare sulla terra orme di pace e di libertà. Per camminare così devo imparare a lasciar andare, a deporre le ansie, le preoccupazioni. Basta un po’ di consapevolezza e il sincero proposito di essere in pace. Se sapete fare un passo in completa pace, saprete farne due, potete fare cento, mille passi in completa pace. E il mondo avrà pace”.
Camminavamo insieme, a piccoli passi di pace, cattolici e musulmani, buddisti, ebrei … e altri esponenti di svariati gruppi religiosi, tutti insieme per la pace ed è stato toccante; diversi passanti si sono uniti a noi. Siamo giunti a Palazzo Vecchio, in Piazza della Signoria, la sede del Comune che ci ha ospitato nella Sala Incontri che si è rivelata piccola per le centocinquanta e più persone che hanno partecipato alla meditazione interreligiosa. Pochi hanno trovato posto a sedere sulle sedie, i più si sono seduti a terra, sul telo rosso e bianco, costellato di cuscini gialli, con gli amici del Centro di Buddismo tibetano Ewam e del Centro Zen Firenze Shin-nyo-ji. Al centro un vaso con tanti fiori…. Poi una musica ha invitato al silenzio, seguito dalla lettura di un brano o da un canto curato da ciascun gruppo religioso, ho amato molto la voce di una donna del Centro Baha’i che ha intonato un antico canto persiano. Poi di nuovo tanto silenzio e nel silenzio ho sentito la grande energia che aleggiava in quella sala.
Mi sembrava di sentire sommessamente il battito del cuore di tutte quelle persone di diversa religione affratellate dallo stare insieme per la pace e la pace regnava assoluta…Quando c’è stato il momento del dialogo ho condiviso con tutti ciò che avevo provato: “Nel silenzio i nostri respiri erano come onde del mare, non ce n’è una uguale all’altra, ma tutte insieme formano l’oceano, un oceano di pace”.
Il mio cuore ha amato quel silenzio e me lo sto portando dietro nel ricordo, sulla scrivania tengo sempre il piccolo biglietto che ci hanno donato alla fine, c’è scritto:
“…Vi invitiamo a rimanere in compagnia di questo silenzio nel cuore…”

domenica, dicembre 04, 2005

Un mondo incantato

Fin da bambina ho sempre amato il mondo delle fiabe, di cui ero accanita lettrice. Mi appassionavano le storie popolate da principesse, cavalieri intrepidi, fate, geni, spiriti alati, gnomi e folletti, tutti ovviamente schierati a vincere le oscure forze del male.
Non avevo paura di nulla e sognavo addirittura di volare, incurante dei pericoli facevo a gara con i compagni di giochi maschi a salire sugli alberi per vedere chi era il più agile e vinceva chi raggiungeva i rami alti, che oscillavano sotto il peso. Sembravo una scimmietta, non mi scoraggiavo mai, né soffrivo di vertigini e anzi la competizione rafforzava la mia sicurezza di essere invincibile ed in effetti era dura starmi dietro.
Nel grande parco della casa sul lago, dove gli anni dell’infanzia scorrevano felici, giocavamo a nascondino fra i cespugli o dietro i tronchi rugosi dei pini, facevamo le corse lungo il viale che saliva dal grande cancello rosso e non si smetteva fino a quando il cuore non pulsava all’impazzata e allora “tutti giù per terra”, sbracati nell’erba ad aspettare che il battito rallentava.
Lo sento ancora l’odore dei fili d’erba, morbida e soffice, che ti avvolgeva come in un abbraccio, quando era alta era divertente tuffarsi dentro, rotolarsi ridendo e poi tornare a rincorrersi.
Anche costruire le capanne sugli alberi diventò presto una passione, condivisa con mio fratello, che come me era abbastanza spericolato, e non c’era che l’imbarazzo della scelta fra le piante del giardino e del parco, anche se in assoluto i ciliegi nel campo a fianco al viale erano il luogo preferito, protetti dalla vicinanza del muro di cinta e lontani dalla casa.
La realizzazione ci impegnava non poco, occorreva cercare i legni per il pavimento, tagliare le canne nel boschetto di bambù, rivestire le pareti e il tettuccio con le foglie delle palme che proliferavano in giardino grazie al clima mite del lago, ma una volta terminata l’opera era una gioia guardare il mondo dalla nostra postazione privilegiata, inaccessibile ai comuni mortali, un luogo solo nostro, che ci permetteva di fantasticare.
Molti anni dopo ripensavo a quelle capanne, leggendo “Il barone rampante” di Italo Calvino, la storia del ragazzo che aveva scelto di vivere su un albero e mi appassionavo a quel personaggio, comprendendo che non era poi così folle, semplicemente amava con passione la natura e voleva vivere libero come passerotto, sentendosi protetto e al sicuro solo nel nido fra i rami.
Per tutta l’infanzia il contatto con la terra è stato vitale, avevo un amore sviscerato per i fiori e ricordo ancora l’avvilimento di mia madre per un inconsapevole disastro: vedendo le begonie patite e afflosciate sotto il sole di ferragosto le avevo bagnate abbondantemente, senza aspettare il fresco della sera, e le povere piantine accaldate non sopportarono il fiotto d’acqua fresca e perirono inesorabilmente. Stetti male due giorni, ma non mi beccai neanche uno scapaccione, in fondo ero solo una bambina che voleva aiutare i fiorellini, ma certo non conosceva le regole del buon giardiniere; ora invece che da due anni curo il “giardino dell’anima” a Vincigliata ho imparato un sacco di cose a zappare, trapiantare, potare, concimare, ma si sa con l’esperienza si matura.
L’amore per i boschi è nato proprio nella mia infanzia, con una breve passeggiata dalla casa si raggiungeva un piccolo lago circondato da boschi di castagni, mi è sempre piaciuto camminare fra gli alberi, respirare l’odore dei muschi, sentire il rumore delle foglie sotto i passi, fin da piccola sono sempre stata una piccola Elfa curiosa che viveva nella realtà, ma che amava immergersi in un mondo incantato e anche ora non smetto di sognarlo, perché i sogni di quando eravamo bambini ci seguono anche da adulti…