Le "rune" sono segni di scrittura nell'alfabeto dei popoli nordici e gli elfi i piccoli geni dell'aria nella mitologia nordica. Come Elfa desidero comunicare parole di saggezza, pace e solidarietà fra i popoli, aiutare le persone a ritrovare se stesse, ad avere più autostima e a vivere meglio la loro vita. Occorre iniziare e terminare la giornata con un sorriso. Amare sempre appassionatamente l'esistenza e le persone che incontri sul tuo cammino.

sabato, gennaio 21, 2006

Ricominciare a vivere

Questo inizio dell’anno è stato travagliato, rari i momenti felici e tante delusioni che ti spaccano il cuore in due e non riesci a rincollare i cocci, ma una voce dentro ti dice che ce la devi fare come altre volte, non bisogna fermarsi mai, la vita va vissuta con coraggio, amando anche quando ci si sente poco amati, perché che smette di amare impoverisce la propria esistenza. Amiamo senza considerare che l’intensità di un sentimento ci rende vulnerabili, non importa continuiamo ad amare.
Mai perdere la speranza, nella vita non bisogna lasciarsi sopraffare dalle avversità, esse ci fortificano. Possiamo essere feriti, a pezzi, come il guerriero dopo un duro combattimento in cui è rimasto sconfitto e ha rischiato la vita, allora si ritira a guarire le ferite e si prepara a rinascere per affrontare intrepidamente il mondo, per ricominciare a vivere.
Ho incontrato diverse amiche e tutte, chi più chi meno, sono in difficoltà, nei rapporti familiari, nel lavoro…alcune sembra siano sul punto di arrendersi, troppo provate dalla vita e allora dedico a loro e a voi donne di tutte le età che mi leggete uno scritto di Jack Folla che è riuscito a comprendere profondamente l’universo femminile. Il titolo è “Donne in rinascita” e ringrazio Valentina che me l’ha fatto conoscere, ho apprezzato queste righe fin dal primo istante in cui le ho lette:

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta. Che uno dice: è finita. No, finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti da la morte o la malattia. Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l’esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola. Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai. E sei tu che lo fai durare. Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l’aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s’infiltri nella tua vita. Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane. Sei stanca: c’è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: “Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così”. E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo che ami alla follia. In quell’uomo ci hai buttato dentro l’anima; ed è passato tanto tempo, ce ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c’è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine. Ed è stata crisi. E hai pianto. Dio quanto piangete! Avete una sorgente d’acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l’aria buia ti asciugasse le guance? E poi hai scavato, hai parlato. Quanto parlate, ragazze! Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore. “Perché faccio così? Com’è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?” Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? È da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa. Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente. Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel. Parte piano, bisogna insistere. Ma quando va, va in corsa.
È un’avventura, ricostruire se stesse. La più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli. Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo “sono nuova” con una gonna a fiori, o con un fresco ricciolo. Perché tutti devono capire e vedere: “Attenti: il cantiere è aperto. Stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse”.
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia. Per chi la incontra e per se stessa. È la primavera a novembre. Quando meno te l’aspetti. (Jack Folla)

In questi giorni di fine gennaio fa molto freddo, spesso il cielo è nuvoloso, ma per le donne in rinascita riappare il sole ed è già primavera.

domenica, gennaio 08, 2006

Nevicata

La neve a Firenze mancava da vent’anni ed è stata come una magia che ha trasformato il volto della città. Aveva iniziato a nevischiare nel pomeriggio di mercoledì della scorsa settimana, ma solo durante la notte la neve era scesa a fiocchi più consistenti. Sono rimasta incantata davanti alla finestra ad ammirare lo spettacolo…Il cielo non era buio, il candore della neve e il riflesso delle luci della città, lo rendevano rosato e in piena notte sembrava stesse per arrivare l’alba. Il giorno dopo la città appariva trasformata sotto il manto bianco, le strade, le piazze, i monumenti tutto assumeva un’immagine diversa; è stato bellissimo uscire presto, alle sette, per ammirare lo spettacolo prima che le strade si riempissero di macchine e di gente, l’atmosfera era come ovattata…
Avevo bisogno di immergermi del silenzio con la neve e mi sono recata a Settignano, sulla collina, a cercare la pace.
Il sentiero sterrato che dal paese conduce a Vincigliata era completamente ricoperto di neve, mi sono avventurata da sola in mezzo al bosco, la strada all’inizio è ripida con cipressi secolari, alcuni nodosi e rugosi. Dopo la nevicata il paesaggio appariva trasformato, i piedi affondavano nel velo bianco, tanto silenzio, solo gli uccelli e gli alberi che ti parlavano ognuno con il suo linguaggio.
La natura comunica, basta mettersi in ascolto, porgere l’orecchio del cuore.....
Mi sono sentita davvero Elfa libera di vagare in solitaria in quel bosco innevato, assaporando la bellezza. Ad ogni respiro era la pace che entrava in me. A tratti il sentiero era ghiacciato, procedevo lentamente per non scivolare, nella solitudine non provavo alcun timore.
Se sei con Dio non hai paura, la natura è Dio che ti parla, il difficile è proprio abbandonarsi completamente, ma se ti fai avvolgere è un’esperienza straordinaria.
Sono rimasta a lungo sui gradini di una chiesa abbandonata ad osservare lo spettacolo di Firenze ai miei piedi. Alteri cipressi ne sorvegliano l’entrata, li ho chiamati affettuosamente i “cipressi guardiani” amo quelle piante, ogni volta che mi fermo in questo luogo contemplo i loro rami che tendono al cielo e la siepe di rosmarino che circonda la scalinata, quando è fiorito l’odore è molto intenso.
Impossibile descrivere la bellezza che ti entra dentro quando sei lassù e ti abbandoni. A fianco alla chiesa gli ulivi stagliavano il loro verde argentato sul bianco del manto nevoso, un paesaggio da fiaba più silenzioso del solito, ero felice in quella solitudine, unico essere umano a godere di tanta bellezza.