Le "rune" sono segni di scrittura nell'alfabeto dei popoli nordici e gli elfi i piccoli geni dell'aria nella mitologia nordica. Come Elfa desidero comunicare parole di saggezza, pace e solidarietà fra i popoli, aiutare le persone a ritrovare se stesse, ad avere più autostima e a vivere meglio la loro vita. Occorre iniziare e terminare la giornata con un sorriso. Amare sempre appassionatamente l'esistenza e le persone che incontri sul tuo cammino.

mercoledì, novembre 30, 2005

Amore per la scultura

Una vita a scolpire estraendo dalla terracotta e dal bronzo figure piene di suggestione, che ti incantano con la loro intensità, una grande artista, una cara amica... Sono felice per Amalia Ciardi Duprè, scultrice d'arte sacra, che il 3 dicembre riceverà a Firenze, nella splendida cornice del Salone dei 500 di Palazzo Vecchio, "Il Fiorino d'oro": un riconoscimento prestigioso per una limpida carriera all'insegna della riservatezza. Il suo amore per la scultura dura da oltre cinquant’anni, nel 1957 fu premiata ad Assisi in occasione della Mostra d’arte sacra alla Pro Civitate Cristiana e da allora ha allestito numerose personali e partecipato a Biennali d’arte e mostre in Italia e all’estero.
Amalia è una donna semplice, innamorata della vita che ti accoglie sempre con un sorriso e gli occhi che brillano luminosi, pieni di espressione; la sua figura emana la grande forza d'animo che la sostiene anche nei momenti difficili della vita. Amo conversare con lei che ha fatto tesoro dell'arte di vivere e dei talenti che Dio le ha donato, talenti dedicati in particolare a tante sculture, non solo sacre, nate dalla terra, dall'argilla forgiata dalle sue mani, che modellata si muta in figure di un'umanità così intensa da sembrare vive.
Una delle mie passioni è camminare nei boschi, sentire l'odore della terra, dei tronchi ricoperti di muschio e la passeggiata preferita è recarmi alla chiesa di S. Lorenzo e S. Maria a Vincigliata, sulle colline fra Fiesole e Settignano, immersa fra ulivi, vigneti e boschi di cipressi.
Nell'abside della chiesa c'è il capolavoro di Amalia tre pareti con raffigurate scene bibliche tratte dell'Antico e del Nuovo Testamento, nove anni di paziente e assiduo lavoro, per realizzare un percorso sacro in terracotta che parte dalla creazione e dal peccato di Adamo ed Eva per giungere alla venuta di Cristo e al Giudizio universale.
Al centro dell'abside domina un Cristo con le braccia che sembrano volersi staccare dalla croce e abbracciare il viandante che, nella sua passeggiata fra le ridenti colline, si sofferma in questo angolo di Paradiso e fa una sosta raccogliendosi in preghiera.
Sotto la crocifissione è raffigurata la morte di Adamo: la figura di Eva in ginocchio, curva sul corpo dell'amato, è talmente toccante che non resisto all'impulso di accarezzarla quasi a lenirne il dolore. Il cotto non è come il marmo che rimane freddo, se continui a toccarlo si scalda ed Eva sembra vivere sotto le mie mani, vorrei asciugare le lacrime e stringerla forte. Accanto ad Eva le donne della Bibbia: Sara, Rebecca, la regina Ester e Giuditta, che regge fra le mani la testa di Oloferne, il re assiro da lei decapitato per salvare il suo popolo.
La piccola sacrestia, a lato dell'altare, cela un'altra sorpresa nata dalle mani di Amalia, una parete con la storia di S. Lorenzo, diacono e martire, e una splendida Madonna.
A fianco della chiesa c'è il piccolo giardino della canonica che con Amalia abbiamo battezzato "Il giardino dell'anima", un luogo per ritrovare la pace. Percorrendo il piccolo sentiero fra fichi, vigne e pergolati si arriva sul retro dell'edificio. Ecco la casa e lo studio dove per tanti anni Amalia ha lavorato, dalle vetrate si intravedono il forno e le mensole con i bozzetti.
Accanto agli ulivi due sculture: un S. Francesco d'Assisi con il lupo pacificato, accovacciato ai suoi piedi e Gesù crocifisso che invece di essere inchiodato alla croce è un "Cristo fra gli ulivi", il corpo appoggiato al tronco rugoso, le braccia fra le fronde protese verso il cielo. Sotto la tettoia alcune formelle e statue in terracotta, fra cui una madre a seno nudo che solleva un bambino, con un gesto gioioso di grande tenerezza.
Cara Amalia, anche Elfa vuole esprimerti tutta la sua tenerezza e la gioia per averti conosciuta, sei una donna speciale, grazie di esistere…

martedì, novembre 22, 2005

Liberi dalla paura

Da diversi anni presto servizio con “I buoni samaritani” alla Stazione di S. M. Novella; i volontari si ritrovano al primo binario davanti alla Cappella Cattolica la mattina alle sette, nei giorni di martedì, giovedì e domenica, per offrire e condividere le colazioni di solidarietà. Ci sono persone bisognose in prevalenza dei paesi dell'est Europa, ma anche del nord Africa, Albania, Perù, pochi sono gli italiani, molti hanno trascorso la notte dormendo su un cartone e si sentono sollevati a bere un caffè caldo. Donare a tutti un sorriso con un pezzetto di cioccolata e ascoltare i problemi di chi cerca una casa e un lavoro per vivere è importante, perché scambiare due parole e confidarsi con qualcuno reca un seppur momentaneo sollievo, ci si sente meno soli.
“I buoni samaritani” sono nati circa diciassette anni fa, l'iniziativa è stata promossa dall'infaticabile Paolo Coccheri, che dopo una lunga attività come attore e direttore del “Laboratorio internazionale dell'attore” di Firenze ha intrapreso il cammino del volontariato, schierandosi a sostegno dei più deboli. Per aiutare i samaritani a maturare in un sentiero di condivisione e solidarietà distribuisce fotocopie tratte da articoli, saggi, interviste: è quella che Paolo chiama “Università della strada” dove a fianco ai corsi interminabili di speranza, umanità, coraggio e altruismo, si insegna a vivere la vita con lealtà, correttezza, rispetto e a praticare doti e virtù ormai in disuso, in un mondo che procede all'insegna dell'arrivismo sociale e di un egoismo imperante.
La scorsa settimana ho avuto in dono la fotocopia di un “Mattutino” di Ravasi, pubblicato il 3 gennaio 1999 su Avvenire, intitolato “Liberaci dalla paura”, con una preghiera scritta da Dag Hammarskjöld. Uomo politico svedese, fu segretario generale dell'Onu dal 1953 fino alla morte nel 1961, quando l'aereo con cui era diretto in Congo per una missione di pace precipitò. Probabilmente il testo di questa rielaborazione del Padre Nostro, è estratto dal suo diario personale che trapela un’intensa spiritualità, così Hammarskjöld si rivolge a Dio:

Sia santificato il tuo nome, non il mio.
Venga il tuo regno, non il mio.
Sia fatta la tua volontà, non la mia.
Dona pace con te,
pace con gli uomini,
pace con noi stessi
e liberaci dalla paura.

Ho molto apprezzato il commento di Ravasi che trova significativo questo Padre Nostro che invoca la vittoria su ogni forma di egoismo e il dono della pace con Dio, con gli altri e con se stessi. Lo colpisce in particolare l’ultima frase, perché se è importante essere liberati dal male lo è altrettanto “essere liberati dall’abbraccio mortale della paura”, che è ben diversa dal timore, ovvero da quel senso di rispetto che nutriamo verso Dio e per gli altri. La paura “è la tentazione alla viltà, al rinchiudersi in se stessi, ad essere inerti e meschini, incapaci di affrontare i grandi orizzonti della vita”.
Proprio la lettura del “Diario” di Hammarskjöld ci rivela come nella sua vita, dopo una giovinezza piena di speranze e di ottimismo, ebbe a circa quarantacinque anni una crisi profonda, in cui si sentiva talmente svuotato da desiderare il suicidio, nonostante fosse un uomo realizzato. Poi la ripresa in concomitanza con la nomina all’Onu, nei primi mesi del 1953, e da allora l’atteggiamento verso il futuro diventa positivo, risponde un semplice “Sì” a Dio, al mondo, al destino e alla vita, lasciando da parte ogni paura:
Non so chi, o che cosa, pose la domanda. Non so quando sia stata posta. Non ricordo che cosa risposi. Ma una volta risposi “Sì” a qualcuno o a qualcosa. A quel momento risale la certezza che l’esistenza abbia un senso e che dunque la mia vita, nella sottomissione abbia un fine. Da quel momento ho saputo che cos’è “non volgersi indietro” e “non preoccuparsi del domani”.
Hammarskjöld ha ragione, condivido questo pensiero, fondamentale nel cammino dell’esistenza è vivere intensamente il presente, essere liberi dalla paura e non preoccuparsi per il domani, perché in fondo preoccuparsi è un insulto al dono della vita.